Elaborazioni Ancillotti – Il Mito!
Elaborazioni Ancillotti – Questa è la seconda parte della mia intervista (la prima a Giancarlo Gori la trovate CLICCANDO QUI) a due personaggi toscani Ancillotti & Gori che, nel loro piccolo, hanno fatto la storia delle elaborazioni due tempi in Italia e all’estero.
Immaginatevi Firenze nei primi anni ’60, anni in cui il dopo guerra si respirava ancora, anni di lotte sindacali e di scioperi duri, anni del mito americano.
Siamo nel quartiere di San Frediano, a mio avviso uno dei più belli e schietti della città, ci lavoravano seggiolai, corniciai, tappezzieri ecc. Il quartiere era popolare e proletario, il boom economico stava investendo anche quella parte di popolazione che fino ad allora non ne avevano goduto.
Come recita una vecchia canzone “anche l’operaio vuole il figlio dottore” e quindi i F.lli Ancillotti…..
Seconda intervista a Alberto Ancillotti
SC- Come mai ti è venuta l’idea di iniziare ad elaborare Lambrette?
A- Venivamo dai kart, perchè Piero (mio fratello) ci correva, avevamo iniziato a conoscere quelli a due tempi di fabbricazione spagnola, come la Montesa Bultaco. Per gli anni che erano, i telai e i motori erano molto più avanti rispetto a quelli che venivano fatti in Italia, basti pensare alle teste a turbolenza, lo scarico alto, le marmitte ad espansione. Ecco, questa tecnologia venne trasferita sulla Lambretta, che era poi il mezzo di trasporto più diffuso rispetto alla classica moto che stava declinando. Ti parlo dei primi anni ’60 (1961-1962)
SC- Avevate un’officina?
A- (quartiere San Frediano). Mio padre per motorizzare Firenze dopo la guerra, comprava direttamente dagli americani moto Harley Davidson, modificandole. Dal telaio rigido di fabbrica lui segava e creava il forcellone posteriore indipendente, in modo da far diventare il mezzo più adatto alle nostre strade.
Se parliamo proprio di elaborazione Ancillotti Lambretta, iniziammo, sia io che mio fratello, a fare i primi esperimenti da giovanissimi nell’officina di nostro babbo. In genere, si facevano di notte, in modo da non rubare tempo a mio padre che lavorava lì dentro.
SC- Chi ti ha fatto scuola sulle elaborazioni?
A- Nostro padre, oltre ad essere un ottimo meccanico, aveva proprio la motoristica nel sangue, rifaceva motori da sè. Le bronzine se le auto costruiva, fondendo il materiale e raschiettandolo a mano fino a trovare il giusto livello. Fabbricava persino le candele di accensione. La sua manualità era dovuta tanto alla impossibilità di reperire ricambi a quell’epoca. Se volevi rimettere in strada un mezzo, dovevi fare da te.
Come dicevo prima, grazie anche all’esperienza maturata nei kart, iniziammo insieme a provare a trasferire tale tecnologia sulle Lambrette stradali. Nostro padre Gualtiero ci insegnò tutte le basi della meccanica, ma, sia io che mio fratello, avevamo il pallino per l’elaborazione. Per l’epoca, il motore due tempi era ancora poco conosciuto. Per le elaborazioni spinte era persino considerato troppo fragile rispetto al quattro tempi.
SC- Qual era lo spirito che traspariva in quei tempi?
A- Per noi che elaboravamo, maggiormente era la soddisfazione di arrivare ad un traguardo, di far andare la Lambretta più forte. La rivalità è venuta in seguito, ovviamente perché la clientela, vuoi o non vuoi, si schierava. Erano proprio loro a spingersi molto più oltre rispetto a quanto avessimo voluto noi.
A- Di quello che non potevamo costruire noi direttamente in officina (per esempio i cilindri), prendevamo i ricambi originali Innocenti dalla concessionaria ufficiale Garage Zaniratti, sempre a Firenze. Andavamo alla Asso a Fornacette (PI) , parlavamo direttamente col disegnatore e poi col tornitore e riuscivamo ad avere pistoni come volevamo noi. Stessa cosa per i carburatori Dell’orto. Per il resto, faceva direttamente nostro padre Gualtiero, che torniva, saldava e temperava pignoni, marmitte e cambi da sé. Mi ricordo, inoltre, che negli ultimi kit fatti, sperimentammo dei cilindri in alluminio con canna cromata, prendendoli direttamente da Gilardoni a Mandello del Lario. Era una modernità, per l’epoca.
SC- Facevate tutto da soli nella mitica officina Ancillotti?
A- Io elaboravo, montavo sulla Lambretta, provavo e riprovavo, fino a che non trovavo il punto che mi andava bene. In officina c’erano mio padre, mio fratello ed io e facevamo tutto da noi. Per le rettifiche portavamo i cilindri da Labardi, che era due bandoni oltre la nostra officina.
SC- Che macchinari usavi?
A- Era quasi tutto artigianale e manuale. Oltre al tornio che avevamo, il resto del lavoro era svolto totalmente a mano con la lima. Allargavamo l’aspirazione e lo scarico con la classica lima a coda di topo. Dopo qualche anno…diversi anni dopo, uscirono i primi fresini ad aria, ma io continuavo a prediligere la lima.
SC- Chi erano i tuoi clienti e dove si trovavano?
A- Spedivamo le nostre cassette di elaborazione Ancillotti in tutta Italia, oltre che all’estero. Il mercato estero più fiorente per noi è stato l’Inghilterra, dove c’era un importatore di nome Nannucci (che era fiorentino come noi) che distribuiva. Alcuni kit li abbiamo venduti anche in Francia, se non ricordo male….
SC- Avevi un venditore o un distributore per i vostri kit ?
A- In Italia, chi voleva i kit Ancillotti chiamava in officina e noi glieli spedivamo direttamente, mentre in Inghilterra, come detto prima, avevamo Nannucci Ltd.
SC- I kit che vendevate erano personalizzabili?
A- La maggior parte era standard. Al cliente finale arrivava una scatola di legno con scritto “Preparazione F.lli Ancillotti Firenze“, all’interno di queste scatole c’erano: cilindro, pistone, testa, pignoni e qualche ingranaggio del cambio, per allungare i rapporti vista la maggior potenza. Ovviamente, insieme c’era anche un’espansione su base dell’originale marmitta Innocenti ed un carburatore Dell’orto SS 30mm.
SC- Quanti anni ha durato lo sviluppo e la commercializzazione dei kit?
A- Abbiamo iniziato ad elaborare e vendere i kit dal 1962 fino al 1968, quando poi siamo passati alle moto da enduro.
SC- Entriamo davvero, anche con voi, nella questione..
Quanto era forte la rivalità Gori/Ancillotti in quegli anni?
SC- Come facevate a correre e sfidarvi?
A- Erano i primi anni che era stata costruita l’Autostrada del Sole A1. Ci divertivamo a correre sfidando anche le auto, come Porsche e Abarth e le moto come Moto Guzzi e Ducati. C’era il pubblico che ci guardava, facevamo gente. Mi ricordo che il giorno di fuoco era la domenica mattina. Scommettevano anche a soldi. A quei tempi non c’erano telefoni cellulari, era tutto un passaparola. La domenica era uno spettacolo vedere tutta quella gente sul cavalcavia a tifare le due fazioni.
La sfida era più allettante quando si correva per soldi, il primo che arrivava aveva rispetto e denaro. Ogni tanto passava la stradale e toccava scappare via, diventava quindi una sfida nella sfida riuscire a non farsi prendere da loro.
SC- Come mai l’esigenza di fare i record?
A- Non lo facevamo per pubblicità, perché, senza peccare di presunzione, gli affari andavano benissimo. Le corse clandestine in autostrada erano appassionanti, ma noi cercavamo un posto più idoneo dove poter certificare con dei cronometristi la velocità rilevata e i tempi sul chilometro lanciato. I primi test li facemmo a Monza, con un mezzo che era pressoché scarno di tutto. Aveva il telaio, una piccola carenatura…eri a sedere praticamente in terra. Il cilindro era portato a 240cc, elaborato con specifiche Ancillotti, carburatore Dellorto SS, espansione ecc.
Dopo Monza, andammo ospiti di Nannucci sempre con la solita Lambretta, ad Elvington, per la giornata dei record sulla pista inglese. Stabilimmo con il nostro mezzo il record di velocità nella categoria scooter (ancora oggi tale record rimane imbattuto).
SC- Firenze 4 Novembre 1966, un avvenimento importante
Cosa successe dopo l’alluvione?
A- Andammo in officina come tutti giorni, era una settimana che pioveva, ma quel giorno la pioggia iniziava a diminuire. Ad un certo punto, vedemmo che dalla strada iniziava ad arrivare acqua come se ci fosse stata o una fogna ostruita oppure un tubo rotto. L’acqua, mista ad idrocarburi, iniziò ad entrare dentro, in fretta e furia cercammo di salvare quello che potevamo salvare, come la tuta in pelle e il casco Cromwell usati per il record di Elvington e scappammo via. Solo diversi mesi dopo che l’acqua era andata via, riuscimmo a riaprire l’officina dove trovammo moto e scooter alluvionati insieme alla Lambretta del record.
SC- Dopo la Lambretta che hai fatto?
A- Abbiamo vissuto la nostra vita professionale a step: i kart, la Lambretta e poi le moto intese come fuori strada. Si iniziò mettendo le mani sui Beta Camoscio 50cc, per farli diventare da enduro regolarità. Essendo arrivati ad aver modificato tutto, dal telaio al motore, rifacendo persino i carter, il passo che ha portato, poi, a fare moto con un nostro marchio Ancillotti è stato breve.
SC- Parliamo di attualità
Come mai il marchio F.LLI Ancillotti è conosciuto molto all’estero?
A- In Italia avevamo ed abbiamo il nostro seguito di appassionati, in Inghilterra il nostro nome è molto conosciuto, sicuramente, prima di tutto, perché gli inglesi sono amanti del mezzo (Lambretta), che poi associano a noi. Mi fa molto piacere vedere ancora oggi adesivi nostri, vecchi di 60 anni, attaccati agli scudi dei vari scooter in circolazione.
A- Sono pensionato, aiuto mio figlio con il suo marchio di mountain bike, che si chiama Ancillotti Cycles. Saldo i telai delle biciclette e curo l’assemblaggio…fermo in casa non ci posso stare.
SC- Cosa ti senti di dire ai nuovi appassionati?
A- Mi fa molto piacere vedere che esiste ancora una passione dietro agli scooter d’epoca e che ci coinvolge. Secondo me è molto positivo che i giovani d’oggi si interessino di quello che, per noi, è stato un momento bellissimo. Erano anni in cui si sviluppavano tecnologie in tutti i campi, non solo in quello dei motori e si godeva anche noi del boom economico tanto sospirato.
SC- Un mega ringraziamento va a Alberto Ancillotti per il tempo che ci ha dedicato! Senza di loro ( e anche Giancarlo Gori!) il mondo Lambretta non sarebbe stato il solito!
Un Bacino al sommo Michele Landi dell’ Anonima Scooterboys per aver curato l’intervista con il suo solito impeccabile stile!